In occasione del Giubileo delle persone con disabilità (28 e 29 aprile 2025), si è tenuto presso la Sala Giubileo dell’Università LUMSA, il convegno “Sport paralimpico generatore di Speranza”, promosso dal Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale della Santa Sede, insieme alla Fondazione Giovanni Paolo II per lo sport, con la collaborazione del Comitato Italiano Paralimpico e dell’Università LUMSA, e patrocinato dall’Ufficio nazionale per la Pastorale del Tempo libero, Turismo e Sport della CEI, dal CSI Roma e dall’Osservatorio Italiano Enti Non Profit (OINP).



La mattinata è iniziata con i saluti istituzionali:

prof. Francesco Bonini, rettore dell’Università LUMSA:
“C’era un allenatore di quando ero giovane, Heriberto Herrera, la cui parola chiave era ‘movimiento’. Effettivamente anche Papa Francesco ci ha messo tutti in movimento e la nostra responsabilità collettiva è proprio quella di far sì che questi processi che ha aperto, diventino elementi strutturali, siano presenti, siano organizzati e diventino appunto storia, come quello di cui oggi insieme parliamo e su cui insieme ci impegniamo, cioè lo sport paralimpico, come generatore di speranza. Grazie a tutti perché le cose belle non si possono che fare insieme in questo spirito di servizio e secondo questa parola chiave, appunto, che è la speranza, un bene che tutti noi condividiamo e che è nostra responsabilità portare veramente a tutto il mondo”

on. Alessandra Locatelli, ministro per le disabilità:
“Oggi, con l’inizio del Giubileo della Disabilità, parliamo di inclusione e integrazione come speranza per il futuro. E abbiamo una grande speranza di cambiamento grazie alla Riforma della Disabilità, che ha l’obiettivo di mettere sullo stesso piano elementi essenziali della vita di tutti noi: benessere e salute, formazione, diritto al lavoro, tempo ricreativo e sociale. E in quest’ultimo punto rientra anche lo sport come diritto e occasione, e le Paralimpiadi lo hanno dimostrato. L’accessibilità universale è possibile se lavoriamo tutti insieme per superare ed eliminare le barriere, siano esse fisiche che sensoriali o culturali, all’informazione e alla comunicazione, o nella testa delle persone. Siamo tutti uguali e dobbiamo tutti avere le stesse opportunità, come diceva Papa Francesco. Non bastano le leggi e i fondi, ma è necessaria la volontà di tutti, nessuno si può chiamare fuori. In Italia 13,5 milioni di persone hanno una interazione negativa con l’ambiente che li circonda, con limitazioni (lievi, medie, gravi o gravissime) che coinvolgono i loro amici, le loro famiglie, chi li assiste e li aiuta o chi semplicemente li incrocia anche per strada. La sfida è non girarsi dall’altra parte, ma lavorare tutti insieme come una vera squadra per un futuro migliore per tutti anche a partire dallo sport”

don Miguel Cardoso responsabile dello sport del Dicastero per la Cultura e per l’Educazione della Santa Sede:
“E’ in corso il Giubileo della Speranza e lo sport è un luogo di speranza dove tutti possono convivere: il professionista e l’amatore, l’olimpico e il paralimpico, il ricco e il povero, chi è sponsorizzato e chi non lo è, il credente e il non credente. Praticamente uno spazio dove possono coabitare le differenze. Papa Francesco pur non praticando sport come alcuni suoi predecessori, ha amato molto lo sport tanto perché lo considerava un luogo dove tutti possono stare insieme perché lui pensava che lo sport è un diritto di tutti”.

don Michele Gianola, sottosegretario della Conferenza Episcopale Italiana e direttore ad interim dell’Ufficio per la Pastorale del Tempo Libero, Turismo e Sport:
“Incontrando qualche atleta paralimpico, soprattutto della delegazione di Parigi, mi ha stupito come in alcune discipline ci si inventa modalità particolari per poter praticare lo sport. E questo, secondo me, nel Giubileo di camminare insieme, è un annuncio molto interessante per tutti: la possibilità di cercare, trovare linguaggi, strategie nuove, perché tutti insieme possiamo costruire quello che è il futuro, il bene futuro. Speranza, appunto, ci rimanda al futuro, ci porta con lo sguardo in avanti. C’è un padre della Chiesa che dice che in tutto quello che facciamo, noi siamo in qualche modo genitori di noi stessi. Se questo vale per ogni singola esperienza umana, credo che valga anche per la collettività. Noi insieme diventiamo generatori, genitori di noi stessi, appunto, generatori di speranza”


Successivamente Maria Cinque, professoressa ordinaria di Didattica e Pedagogia speciale nonché presidente del corso di laurea in Scienze dell’educazione all’Università LUMSA, ha introdotto i temi portanti del convegno:
“Papa Francesco in alcune sue affermazioni dice che bisogna cambiare la parola disabilità usando il termine capacità differenti perché bisogna valorizzare i talenti di ciascuno. La vulnerabilità non è debolezza, la vulnerabilità è carisma, un insegnamento di umanità e di solidarietà. Quindi la fragilità può diventare un carisma e la vulnerabilità è rivelatrice. Nella debolezza si manifesta proprio quella forza più grande che alcuni chiamano resilienza. Per questo lo sport può diventare un catalizzatore di inclusione, un ambito privilegiato dove i principi dell’inclusione possono essere vissuti concretamente. Per questo occorre abbattere le barriere. Lo sport è uno strumento di inclusione che supera differenze fisiche, economiche culturali, favorisce relazioni autentiche, accoglienza della diversità, contrasta pregiudizi, paure e cultura dello scarto. Ecco che alcune manifestazioni ci permettono di abbattere queste barriere. Il movimento paralimpico è stato definito da Papa Francesco preziosissimo. Eventi come le Paralimpiadi e Special Olympics incarnano il magistero della fragilità e propongono narrazioni alternative alla cultura dello scarto. Ecco che abbiamo storie di riscatto come quelle di Alex Zanardi e degli atleti rifugiati. Gli atleti paralimpici diventano così testimoni viventi di speranza, coraggio e resilienza. Lo sport e le imprese sportive rivelano che il limite non è nell’atleta con disabilità, ma negli occhi di chi li guarda”

Successivamente il segretario del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale della Santa Sede, suor Alessandra Smerilli, e il presidente del Comitato Italiano Paralimpico Luca Pancalli, hanno dialogato, moderati da Felicita Pistilli giornalista del Tg1 sul tema che ha dato il titolo all’incontro: “Lo sport paralimpico generatore di Speranza”. 

Di seguito un estratto delle loro parole:

suor Alessandra Smerilli:
“Mi è stato chiesto da Papa Francesco di lavorare nel Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, il nome è un po’ complicato, ma si parla di persone ed è quello il messaggio che lui ha voluto mettere al centro e quindi gli siamo profondamente grati per averlo creato nel 2017. Quello che ho imparato in questo Dicastero, passando dal mondo universitario, dalla carriera accademica all’essere a servizio delle persone del mondo, è che a volte è più facile parlare di temi, come la disabilità per esempio, perché ci mette al riparo dal doverci impegnare in prima persona. Quando invece al centro ci sono le persone con un nome e un cognome, quando parliamo di migranti e non di migrazioni, quando parliamo di persone in una situazione particolare, in un posto particolare del mondo, vuol dire che parliamo di una relazione ed è in questa relazione che si cresce e si cambia insieme. Papa Francesco ci ha insegnato che si può guardare una persona dall’alto in basso solo nel momento in cui si può aiutare questa persona ad alzarsi. Quello è l’unico momento in cui è consentito. E quindi è questo lo spirito con cui si lavora al Discastero per lo sviluppo umano integrale, insieme alle persone di tutto il mondo perché si possa crescere, si possa sviluppare in tutte le dimensioni. È uno sviluppo che sia per tutti, nessuno escluso”

Luca Pancalli:
“Qualcuno ha citato più volte questa mattina le Paralimpiadi dove arrivano gli atleti, tra virgolette, migliori all’interno di una comunità internazionale. Ma quello che serve è accendere i riflettori su quelli che non potranno mai arrivare a una Paralimpiade e per i quali occorre il medesimo sforzo, il medesimo coinvolgimento, la medesima capacità di far squadra per rispondere a un loro diritto, perché ho sentito parlare molto spesso del diritto questa mattina, ma un diritto è tale se si pongono le persone nelle condizioni di poterlo esigere, quel diritto. Lo sport è importante per tutti, non solo per le persone disabili. Come ricordava Papa Francesco, è un generatore di comunità, integrazione, formazione: credo che questo nel mondo della disabilità si esprima nel miglior modo possibile. Quello che abbiamo costruito al Comitato Paralimpico è di per sé tantissimo ma c’è molto da fare, basti pensare al tema delle infrastrutture sportive, di per sé inaccessibili oppure spesso prive di una disponibilità all’accoglienza. Oppure quanto siamo indietro nella scuola, dove i bimbi disabili non sono coinvolti nelle già poche ore di educazione motoria. Dobbiamo partire da qui se vogliamo garantire l’accesso universale allo sport”

L’evento si è concluso con le testimonianze di atleti e atlete paralimpici, in un talk che ha visto interagire il presidente del CSI Roma e della Fondazione Giovanni Paolo II per lo sport Daniele Pasquini e la componente dell’Osservatorio nazionale del lavoro sportivo Katia Arrighi con i testimonial paralimpici Martina Caironi (atletica leggera) e Paolo Dongdong Camanni (judo).

Martina Caironi:
“Lo sport ti permette di gioire, soffrire e poi finalmente dare sfogo a quello che è stato il sacrificio che tu hai fatto per mesi, a volte anni. Tutte le difficoltà che , da atleta, posso dire di avere affrontato anche nei mesi precedenti con i vari infortuni poi si concludono in un momento. La cosa interessante è che tutto il mondo vede questa cosa, c’è chi la interpreta in un modo, chi in un altro ma tu che l’hai vissuta da dentro sai benissimo quanto c’è voluto per arrivare fin li. E questo vale per tutti”

Paolo DONGDONG Camanni
“Penso sia davvero importante parlare di queste tematiche, non perché se ne debba parlare per forza ma semplicemente perché sono cose che possiamo vivere tutte insieme. Non bisogna farlo guardandoci dall’alto verso il basso, ma prima di tutto considerandoci delle persone. Persone che coltivano i nostri talenti i talenti che non sono quelli che ti permettono di fare bene una cosa, ma sono quelli che nascono dalle nostre diversità, che è una cosa bella. Tutti noi nasciamo con delle differenze e queste differenze ci caratterizzano e questa è una cosa meravigliosa come avete visto alle Paralimpiadi. noi nel nostro bagaglio ci portiamo la nostra diversità, come caratteristica principale. Per me la cecità come dico spesso non è solo una disabilità, ma ormai è una parte di me, è una mia caratteristica. Chiaro che io rimango Paolo, però è anche vero che sono cieco e non si nasconde”

“Sport paralimpico generatore di Speranza”

Un’occasione per riflettere sull’importanza dello sport paralimpico come opportunità di rinascita e di riscatto per tante persone con disabilità, che attraverso la pratica sportiva riescono a ridare senso e speranza alla propria vita quotidiana. Lo sport paralimpico, grazie alle imprese e alle gesta dei suoi campioni, sta aiutando a modificare la percezione della disabilità, dando piena dignità, cittadinanza e fiducia a migliaia di persone che, a rischio di fragilità e marginalità, rischiano di rinchiudersi e isolarsi socialmente.

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