
Si è svolto il 25 febbraio, nella Sala Refettorio, presso la Camera dei Deputati, il convegno dal titolo Lo sport che apre alla speranza – La sfida per generare inclusione e welfare sociale, promosso dalla Fondazione Giovanni Paolo II per lo sport e dal Centro Servizi Sapienza Sport della Sapienza Università di Roma, con il patrocinio del CSI Roma, del Comitato Italiano Paralimpico e della S.S. Lazio, con il contributo dell’Unione Europea programma Erasmus Plus.
Un momento di riflessione importante che ha messo in luce il ruolo centrale dello sport nella costruzione di una società più inclusiva e solidale.
L’incontro si è svolto nel contesto del Giubileo appena iniziato, ispirato dal tema “Pellegrini di speranza”, offrendo così un’occasione per analizzare come lo sport nella nostra società svolga un ruolo che va ben oltre l’aspetto del benessere e della salute fisica.
«Lo sport non è solo benessere fisico e salute – ha dichiarato Daniele Pasquini, presidente della Fondazione Giovanni Paolo II per lo sport – ma un volano di energia, un’ancora di salvezza, una leva su cui agire per accendere la speranza, la voglia di vivere e per superare le difficoltà».
A rafforzare questa visione, le parole di Papa Francesco, che in un’intervista alla Gazzetta dello Sport del 2 gennaio 2021, ha sottolineato: «Questa è gente che non vuole farsi raccontare la vita, vuole vederla con i suoi occhi. Ha fame, tanta fame di riscatto. Per questo certe vittorie portano a commuoversi».
Nel corso del convegno è intervenuto anche Luca Pancalli: «Oggi bisogna partire dalla consapevolezza che in Italia non esiste un diritto allo sport nonostante sia stato inserito in Costituzione – le parole del presidente del Comitato Italiano Paralimpico –. Se il legislatore avesse voluto, avrebbe scritto “La repubblica riconosce il diritto allo sport”, così come riconosce il diritto al lavoro. Il più importante presidio di diritto allo sport è la scuola, dove però si riesce a fare ben poco vista la carenza di palestre scolastiche. Per riconoscere il diritto allo sport c’è la necessità di strutture adeguate, in mancanza delle quali è tutto più difficile. Abbiamo bisogno di un’azione di sistema, di un piano regolatore per gli impianti sportivi anche per ridurre il gap tra nord e sud. Una volta Papa Francesco, al quale va tutto il nostro augurio, incontrando i giovani disse: “Non fatevi rubare la speranza”. Ecco, noi attraverso lo sport abbiamo trovato il modo di coltivare la speranza».
Tra i relatori del convegno anche Francesco Bruno Natale, Ufficio Corporate Social Responsability S.S. Lazio, che ha portato la sua testimonianza: «SS Lazio ha sposato l’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Nel 1921 la nostra società è stata riconosciuta come ente morale e per questo abbiamo il dovere e l’obbligo di portare avanti con convinzione gli importanti obiettivi dell’agenda, testimoniandoli in particolare nello sport, nella lotta al razzismo, e nella promozione della salute e del benessere. Sostenibilità intesa come un’ecosistema per promuovere lo sport professionistico e dilettantistico. All’interno della società portiamo avanti il mentoring, approfondendo insieme ai nostri ragazzi i temi della lotta al razzismo, il bullismo e cyberbullismo.Un’altra iniziativa importante, in collaborazione con Sport e Salute, è la Quiet Room: i ragazzi con disturbi generalizzati dello sviluppo vengono accolti in un’area dedicata per poter seguire le partite in serenità e dopo la partita i ragazzi hanno la possibilità di incontrare i giocatori della prima squadra. Tra i tanti progetti abbiamo sostenuto recentemente “Rimettiamoli in gioco” la campagna di raccolta di calzature sportive per i detenuti delle carceri romane di Regina Coeli e Rebibbia, iniziativa promossa dal CSI Roma, Francescani nel Mondo e Calcio Free Style Italia».
Un convegno che ha lasciato un messaggio chiaro: lo sport è speranza, opportunità e cambiamento. La sfida ora è tradurre queste riflessioni in azioni concrete per una società più giusta e inclusiva.
L’evento è stato inoltre l’occasione per presentare il progetto BEST (Breaking Barriers Through Esports), finanziato dall’Unione Europea.
L’obiettivo principale del progetto BEST è promuovere l’inclusione sociale tra i giovani di età compresa tra i 13 e i 16 anni, riducendo il tasso di abbandono sportivo e riconnettendo i giovani con disabilità agli sport tradizionali. L’iniziativa mira ad utilizzare gli esports come ponte sociale e strumento capace di riunire i giovani, indipendentemente dalle loro capacità fisiche, fornire un ambiente inclusivo e coinvolgere i giovani in iniziative sportive miste che includono esports e sport tradizionali.